Capsicum L. è un genere di piante della famiglia delle Solanaceae, originario delle Americhe ma attualmente coltivato in tutto il mondo. Oltre al noto peperone, il genere comprende varie specie di peperoncini piccanti, ornamentali e dolci.
Secondo alcuni, il nome latino "Capsicum" deriva da "capsa", che significa scatola, e deve il nome alla particolare forma del frutto (una bacca) che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. Altri invece lo fanno derivare dal greco kapto che significa mordere, con evidente riferimento al piccante che "morde" la lingua quando si mangia.
Tutte le specie possono essere coltivate anche in un balcone, seminando verso febbraio al centro sud e marzo al nord, mentre i frutti si possono raccogliere in estate e in autunno. Questi andrebbero usati subito dopo la raccolta affinché non perdano le loro proprietà, ma si possono conservare anche sottolio o in polvere (dopo averli fatti seccare al sole), oppure congelandoli.
La semina avviene in febbraio-marzo, a seconda del clima, possibilmente in ambiente riscaldato a temperatura di circa 25-30 °C, con composta da semi, ½ torba e ½ sabbia. Alcune varietà, soprattutto i C. chinense e il chiltepin, hanno lunghi tempi di germinazione. Questi possono essere ridotti con una corretta concimazione, e una temperatura della composta di 30-35 °C di giorno, e circa 20 °C di notte. Allo spuntare della seconda coppia di vere foglie, si ripicchettano le piantine in contenitori singoli, per poi mettere a dimora dopo le ultime gelate, e comunque quando la temperatura notturna non scende sotto i 15° C (a
nuovamente dell'azoto solo se la pianta viene fatta svernare, alla ripresa vegetativa.
PICCANTEZZA
La sensazione di bruciore che percepiamo, tanto più intensa e persistente quanto più il peperoncino è piccante, in realtà non esiste, nel senso che non si ha un aumento di temperatura nella nostra bocca. La capsaicina interagisce semplicemente con alcuni termorecettori presenti nella bocca, nello stomaco e nell'ano, che mandano un segnale al cervello come se la nostra bocca o il nostro stomaco "bruciasse". Stessa sensazione si ha quando defechiamo, in quanto gli stessi termo recettori sono presenti anche nell'ano.
La piccantezza dei peperoncini è misurata empiricamente tramite la scala di Scoville, in gradi da 0 a 10, e quantitativamente in unità di Scoville, basate in p.p.m peso/peso di capsaicina e diidrocapsaicina. Il peperone dolce ha ad esempio zero unità Scoville, i jalapeños vanno da 3,000 a 10,000 SU, mentre gli Habaneros arrivano a 600,000 unità Scoville. Il record per il più alto numero di unità Scoville in un peperoncino è stato assegnato dal Guinness dei primati al Bhut Jolokia indiano, che ha fatto segnare oltre 1.000.000 unità. Nel 2006, è stata presentata la varietà Dorset Naga, derivata da quest'ultima, che ha fatto misurare anch'essa oltre1.000.000 di SU. La capsaicina pura misura, come riferimento, 16 o 15 milioni di unità, a seconda della taratura, per cui 16 o 15 unità Scoville corrispondono a 1 ppm.
In ordine crescente di piccantezza media delle specie, possiamo dare la seguente scala:
- C. annuum (massimo chiltepin, ~100.000 SU)
- C. baccatum (massimo Ají rosso, ~100.000 SU)
- C. pubescens (massimo rocoto, ~100.000 SU)
- C. frutescens (massimo bird's eye, ~175.000 SU)
- C. chinense (massimo Red Savina, ~580.000 SU)
- C. chinense × frutescens ( Bhut jolokia, Naga Dorset e simili, record del Guinness dei primati ~1.000.000 SU)
Uno dei modi migliori per alleviare la sensazione di bruciore è bere latte, mangiare yogurt od ogni prodotto caseario, possibilmente a pasta morbida o liquido. Infatti una proteina presente nei latticini, la caseina, agglutina la capsaicina, rimuovendola dai recettori nervosi.
La capsaicina si scioglie molto bene anche nei grassi e nell'alcool, quindi anche prodotti grassi o bevande alcoliche aiutano a rimuovere la sensazione dolorosa. Per le alte concentrazioni, come nell'habanero Red Savina o estratti vari, il modo più efficace è usare del ghiaccio come
anestetico.
Un bicchiere di latte freddo, sorseggiato lentamente, è senz'altro il "rimedio" migliore all'eccessiva piccantezza, da tenere a portata di mano per l'assaggio di salse piccanti o peperoncini sconosciuti. Molto efficace anche mangiare del pane, specie la mollica, perché rimuove meccanicamente il peperoncino dalla bocca.
CUCINA
Il frutto viene consumato fresco, essiccato, affumicato, cotto o crudo. Oltre alla sua capacità di bruciare il palato, si utilizza anche per aromatizzare, nonché per fare salse piccanti. Nelle specie piccanti, la capsaicina si concentra nella parte superiore della capsula, dove ci sono ghiandole che la producono, diffondendosi poi lungo la capsula. Al contrario di quanto si crede comunemente, non sono i semi, ma la membrana interna, la placenta, che contiene la maggior parte di capsaicina: quindi è quasi inutile togliere i semi per ridurre la piccantezza del frutto, mentre è consigliabile togliere la placenta.
In Italia il peperoncino è ampiamente usato e alcune regioni ne hanno fatto la base dei propri piatti regionali, come la Calabria, con la famosa nduja, la Basilicata con il peperone di Senise (in dialetto locale Zafaran), che ha ottenuto il marchio IGP dall'Unione Europea) e in generale tutto il Sud peninsulare.
All'estero il peperoncino è usato molto in Messico (nelle salse, nel chili con carne), in Nordafrica (dove è alla base della harissa), in India, in Thailandia e nelle due Coree. Le cucine indiana, indonesiana, cinese sono associate all'uso del peperoncino, sebbene la pianta sia arrivata in Asia solo dopo l'arrivo degli europei. Una volta macinato il peperoncino modifica l'intensità del gusto: il grado di piccantezza però varia non solo in base alla varietà di peperoncino scelta, ma anche in base al grado di maturazione: infatti più è maturo e più è forte.
L'eccesso di acqua causa anch'esso aumento di piccantezza. Alcune varietà di peperoncino sono indicate per il consumo immediato, perché i frutti non si mantengono a lungo. Altre, possono essere invece essiccate e macinate. In questo modo aumenta la concentrazione di capsaicina e dunque la piccantezza. Inoltre, pressapoco tutte le varietà di C. chinense hanno aroma e sapore intenso, che si perde con l'essiccazione. Ad esempio l'Habanero, da fresco ha un intenso odore di albicocca e un sapore fruttato simile al cedro, che si attenuano alquanto con l'essiccazione.
PROPRIETÀ
Il peperoncino è un condimento molto popolare, nonostante il dolore e l'irritazione che provoca.
Quattro composti del peperoncino, tra cui i flavonoidi e i capsaicinoidi, hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore sia l'uso di peperoncino ed altre spezie. I peperoncini sono ricchi in vitamina C[6]e si ritiene abbiano molti effetti benefici sulla salute umana, purché usati con moderazione ed in assenza di problemi gastrointestinali. Alcuni medici ne consigliano l'assunzione fino a cinque volte la settimana anche ai bambini dai 7 ai 16 anni.
Il peperoncino ha un forte potere antiossidante, e questo gli è valso la fama di antitumorale. Inoltre, il peperoncino si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, sinusite e bronchite, e nel favorire la digestione. Queste virtù sono dovute principalmente alla capsaicina, in grado di aumentare la
secrezione di muco e di succhi gastrici. In ultimo il peperoncino stimolando la peristalsi intestinale favorisce il transito e l'evacuazione, il più rapido passaggio intestinale in sinergia col potere antibatterico ed antimicotico evita la fermentazione e la formazione di gas intestinali e di tossine, particolarmente le tossine della candida albicans.
Alcuni studi hanno evidenziato un aumento del metabolismo e una riduzione dell'insulina ematica dopo aver mangiato cibi conditi con peperoncini piccanti. Il peperoncino può essere usato anche come antidolorifico in artriti, neuropatia diabetica, nevralgie post-herpetiche e del trigemino, sintomi post-mastectomia, cefalea a grappolo . I capsaicinoidi agiscono a livello dei nocicettori mediante i recettori vanilloidi specifici VR-1, come desensibilizzanti dei recettori stessi agli stimoli dolorosi, in una prima fase attraverso una "desensibilizzazione acuta" ed in seguito attraverso una tachifilassi (una ridotta risposta recettoriale alle successive applicazioni di capsaicinoidi) [10]. Si può anche ipotizzare che la sensazione di dolore prodotta dalla capsaicina stimoli il cervello a produrre endorfine, un oppiaceo naturale in grado di agire da analgesico e produrre una sensazione di benessere.
Lo psicologo Paul Rozin ritiene che il mangiare peperoncini rappresenti un esempio di "rischio limitato", come le montagne russe, dove sensazioni estreme come paura e dolore possono arrecare piacere poiché si sa che non sono effettivamente pericolose.
Altri effetti benefici del peperoncino, come il suo potere afrodisiaco, non sono stati confermati da ricerche scientifiche, mentre sembra possibile una leggera correlazione con alcuni tipi di tumore allo stomaco nei soggetti predisposti.
Moltissime tradizioni medicinali popolari usano come rimedio il peperoncino, e la medicina Ayurvedica lo consiglia per il trattamento di ulcere peptiche.
Gli uccelli, al contrario dei mammiferi, non sono sensibili alla capsaicina, poiché questa sostanza agisce su uno specifico recettore nervoso che gli uccelli non possiedono. A ragione di ciò i peperoncini costituiscono il cibo preferito di molti volatili; essi costituiscono infatti una fonte di vitamina C e carotene, necessari agli uccelli soprattutto durante la muta del piumaggio. In cambio gli uccelli spargono i semi della pianta sia mentre consumano i frutti, sia attraverso le feci, poiché questi semi riescono a oltrepassare l'apparato digerente inalterati.
COMPOSIZIONE
Non è facile recuperare informazioni attendibili sulla composizione del peperoncino. Ad ogni modo quella più diffusa contempla:
• sostanze estrattive non azotate 30%,
• sostanze azotate 15%,
• cellulosa 20%,
• olio fisso 12.5%,
• olio essenziale 1,12%,
• ceneri 5%
e, inoltre: capsaicina, capsantina, sostanze aromatiche, lecitina, vitamina C, acido malonico, vitamina PP, vitamina E, vitamina K2, vitamina A, sali di potassio, rame, quercitina, esperidina e, infine, erodietina (un colorante natura carotinoide rosso).
Insomma un cocktail complesso di sostanze che, se non si esagera, sono una miniera di benefici per l'organismo.
Di fondamentale importanza è, ovviamente, la vitamina C. Il peperoncino è il vegetale che ne contiene di più in assoluto: fino a cinque volte di più che negli agrumi.
La vitamina A è essenziale per "la funzione proteica" cioè l'assimilazione delle proteine. La vitamina E ha una funzione protettiva generale e dei tessuti in particolare. Da non dimenticare infine l'importanza della lecitina, preziosa per l'elasticità delle arterie e l'abbassamento di colesterolo nel sangue.
STORIA
Il peperoncino piccante era usato come alimento fin dai tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che era conosciuto in Messico 9.000 anni fa e già nel 5.500 a.C. era presente in quelle zone come pianta coltivata.
Una precisa testimonianza la troviamo nella biografia di Montezuma, ultimo signore degli Aztechi, che mentre era prigioniero di Cortez, passava il tempo scherzando con le sue concubine mangiando pietanze con peperoncino rosso.
In Europa il peperoncino è arrivato con Cristoforo Colombo che l'ha portato dalle Americhe. Ma prima di quella data si era già diffuso in Asia e Africa "per vie diverse da quelle dei bianchi".
Vinigi Grottanelli, infatti, ricorda che "alcune spezie ebbero una spiccata fortuna presso molti popoli lontanissimi e del tutto diversi gli uni dagli altri, dando luogo a fenomeni di diffusione in gran parte estranei alle correnti mercantili dei bianchi. Un esempio tipico è offerto dalla più piccante fra tutte le spezie nata da noi come pepe di Cajenna o paprika (capsicum frute-scens): originaria dell'America tropicale e conosciuta quindi nel vecchio mondo prima della scoperta, questa spezia fu precocemente trasportata e trapiantata in Asia e Africa ove si propagò da una tribù all'altra con tanto successo da esservi considerata come ingrediente della cucina tradizionale allorquando gli Europei penetrarono più tardi in queste regioni".
Sul diario di bordo della prima spedizione di Colombo, Bartolomeo de Las Casas scriveva: "La spezia che essi mangiano è abbondante e più importante del pepe nero ...".Chanca di Siviglia, medico di bordo della flotta di Colombo, notò con meraviglia che gli indigeni si cibavano di una spezia piccantissima che chiamavano agi. Era peperoncino, e lo portò in Europa dove avrebbe avuto rapida diffusione, conosciuto fin dall'inizio come "pepe delle Indie".
Come si vede, tutti i primi riferimenti storici al peperoncino sono legati al concetto di "spezia". La sua storia invece si realizzò seguendo vie diverse da quelle delle spezie raffinate e costose.
Il successo fu immediato ma non ci furono i risultati economici che si aspettavano. Il peperoncino, facilmente coltivabile dappertutto, si acclimatò benissimo nel vecchio continente.
Con grande delusione dei Reali di Spagna che videro cadere i loro sogni di prosperosi guadagni.
Così mentre Spagna, Portogallo, Olanda e Inghilterra litigavano per accaparrarsi le "spezie" vere e proprie, quelle che attecchivano e crescevano solo nei paesi di origine, il peperoncino facilmente coltivabile in ogni posto, imbocca una strada tutta sua. Diventa quasi subito la droga dei poveri, di tutti quelli che non potevano permettersi le costosissime spezie orientali. L'obiettivo si realizza in pochi anni. Nel Cinquecento questo destino particolare è già conosciuto e teorizzato.
Nicolò Monardes, autore di un famoso trattato del Cinquecento sulle "cose che vengono portate dalle Indie Occidentali pertinenti all'uso della medicina", scrive che il peperoncino si usa esattamente come le spezie aromatiche "che si portano dalle Molucche". E aggiunge che la differenza è che "quelle costano molti ducati, et quest'altre non costa altro che seminarle".
Niente business quindi. Un destino popolare e democratico che in pochissimo tempo diffonde il peperoncino in tutto il mondo, soprattutto tra le popolazioni povere con regimi alimentari monotoni, carenti di proteine.
Col peperoncino i Messicani impararono ad insaporire le tortillas, gli Africani la manioca, gli Asiatici il riso. In Italia, soprattutto i meridionali e in special modo i calabresi hanno reso più vivace e gradevole una cucina povera, vegetariana, fatta di ingredienti umili e di pochissima carne.
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