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mercoledì 6 marzo 2013

Storia di Sibari

Si può ritenere che furono gli Achei del Peloponneso (Grecia) a fondare Sibari, intorno al 720-710 a.C.


Essa fu costruita fra due fiumi e memori del ricordo di quelli lasciati nella Madre Patria, attribuirono ad essi gli stessi nomi, Cratis e Sibaris.
Molti ritengono che essendo il sito prescelto più vicino a quest’ultimo, si sia scelto di chiamare la città nascente Sibari. Oggi, considerata grandemente mutata rispetto ad allora la situazione geofisica avendo la piana risentito di fatti alluvionali consistenti, risulta estremamente difficile l’individuazione del sito originario della città.
Il Crati da allora, ha conservato sempre lo stesso nome, il Sibaris, secondo molti corrisponderebbe, invece, all’odierno Coscile.
A capo della spedizione partita dall'Acaia, era un certo "Iis". I suoi abitanti, sfruttando la vasta e fruttifera terra, accumularono ben presto grandi ricchezze, stendendo la cittadinanza ad altri abitanti dell’Italia e ciò ne aumentò la popolazione che si crede, secondo Diodoro Siculo, abbia raggiunto addirittura le 300.000 unità e, secondo Strabone, occupava un circuito di circa 50 stadi (quasi 10 Kmq).


Essi seppero dunque instaurare con le popolazioni indigene d’allora, ampi rapporti di collaborazione tra un’economia agricola e pastorale degli stessi e un’economia commerciale fondendo i due sistemi quasi perfettamente. Insomma seppero fare buon uso della ricchezza che questo territorio loro offriva.
Ma altri accorgimenti furono adottati dai coloni, anche nel campo politico come la riduzione o addirittura l’esenzione delle imposte per particolari tipi di allevamenti o sgravi fiscali e doganali per altri generi. Tutto ciò influì positivamente sul tenore di vita dei Sibariti e nello sviluppo della propria città. Nell’arco di un secolo, Sibari divenne potentissima in quanto capace di controllare il notevole flusso dei nuovi coloni e i traffici commerciali tra la Grecia e l’Etruria: infatti risalendo la via istmica del Sybaris fino a Campo Tenese, raggiungevano il Tirreno alla foce del fiume Lao che discendevano fino a giungere nell’omonima città, da dove proseguivano, via mare, per la loro colonia Poseidonea (Paestum) e per i porti dell’Etruria.
I Sibariti usavano la loro ricchezza per mantenere un lusso fuori dal comune: sfarzosi banchetti, l’abitudine di dormire molto e i facili costumi sessuali, avevano fatto di Sibari, insieme allo strapotere commerciale concretizzatosi con la nuova fondazione della colonia di Metaponto per controllare l’espansione a nord di Taranto, la maggiore città della Magna Grecia.



La fama del lusso, dei vizi dei Sibariti era grandissima presso gli antichi. Si narra addirittura che al fine di dare maggiore solennità alle ricorrenze più importanti, era stata presa l’abitudine di invitare le donne almeno un anno prima, per consentir loro di preparare le vesti adeguate e la cura del loro corpo.
Essa era una repubblica oligarchica, governata da proprietari terrieri e mercanti.

Sibari vs Crotone


Con l’ascesa al potere da parte di Telis, si instaurò un regime dittatoriale che durò circa un ventennio, nell’arco del quale furono confiscati i beni a tutti i nobili aristocratici che furono addirittura banditi dalla città, rifugiandosi nella vicina Crotone.
La stessa Crotone, vistasi chiusa a Nord da Sibari e a Sud da Locri, non riusciva a sviluppare i suoi traffici commerciali ed intentò una guerra nei suoi confronti, culminata nella battaglia del Traente (510 a.C.), che ebbe quindi motivazioni di carattere commerciale e probabilmente anche di carattere politico.
Tra le due città, esisteva, infatti, una differente forma di governo: democratico, come abbiamo già accennato a Sibari, aristocratico a Crotone.
Il pretesto per scatenare questa guerra fu dato appunto da 500 nobili rifugiatisi a Crotone provenienti da Sibari.
Telis inviò allora alcuni ambasciatori nella città di Crotone per chiedere che venissero loro consegnati.
La risposta dei Crotonesi non si fece attendere e gli stessi inviarono a loro volta un’ambasceria nella città di Sibari per spiegare i loro motivi di diniego. Gli ambasciatori Crotoniati non furono neanche ascoltati da Telis che li uccise gettando i loro corpi dalle mura della stessa città.
Crotone dichiarò subito guerra e fu lo scontro tra due eserciti entrambi Achei.
La tremenda battaglia avvenne nei pressi del fiume Traente e l’esercito di Sibari fu in gran parte distrutto. In seguito a tale sconfitta militare i sibariti superstiti si rifugiarono a difesa della città e ritenendo responsabile di tutto ciò Telis e la sua politica, lo uccisero insieme a tutta la sua famiglia.
L’assedio delle sue mura durò 70 giorni, dopo i quali, Sibari capitolò.
Le sue case, i suoi templi furono bruciati e i Crotoniati, con a capo il famoso Milone, atleta delle olimpiadi, su consiglio di Pitagora, deviarono il corso del fiume Crati, sommergendo la città.
Erodoto narra che i superstiti si rifugiarono a Poseidonia, Scidro e a Laos, sul tirreno.
Da quel momento Laos, nel territorio dell’attuale Marcellina di Santa Maria del Cedro, diventò colonia Crotonese.
I sibariti non si rassegnarono però all’idea di ricostruire la propria città; due tentativi furono impediti dai crotoniati, allora gli stessi sibariti, inviarono degli ambasciatori agli spartani e agli ateniesi pregandoli di prendere parte a questa ricostruzione.
Gli spartani rifiutarono, mentre gli ateniesi, dopo aver sentito l’oracolo di Delfi che consigliò di fondarla poco distante da una foce ed aver esteso l’invito ad altre città greche, allestirono la spedizione.
Fu inviata una flotta di circa 10 navi con a capo Péricle che approdò nei pressi della foce del Crati.
Individuata una fonte poco da lì distante detta Thuria,(per alcuni pare che esista ancora e detta fonte del Fico, situata nella valle del Marinaro) ritenendola il luogo indicato dall’oracolo, vi fondarono la nuova Sibari che fu chiamata Thurii o Thurio (446 a.C.).

Thurii e le vicende storiche dal V al III secolo a. C.

I sibariti superstiti che non si erano dispersi (molti avevano ripopolato Laos e Poseidonia), rimanendo sulle loro terre dopo la distruzione della città seguita alla sconfitta del 510 A.C, avevano nel tempo ripetutamente inviato ai più importanti centri della Grecia richieste di aiuto e l'invio di nuovi coloni per rifondare Sibari.
Nel 444, lo statista ateniese Pericle, in una fase espansionistica della politica di Atene, accoglie le richieste dei sibariti superstiti e organizza una grande spedizione coloniale con lo scopo di dar vita ad una colonia panellenica, sul sito della distrutta Sibari.
Nel 443 gli ecisti Lampone e Xenocrito, ascoltato il vaticinio dell'oracolo di Delfi secondo l'antica consuetudine, guidano la spedizione per la fondazione della nuova colonia alla foce del fiume Crati. Alla spedizione partecipano molti personaggi illustri, tra cui il filosofo Protagora e lo storico Erodoto, ed anche il generale spartano Cleandrida. Ma il principale artefice della nuova città fu l'architetto Ippodamo di Mileto, che pianificò accuratamente lo schema urbano del nuovo centro - il cosiddetto impianto ippodameo -sul sito dove pochi decenni prima sorgeva Sibari, le cui rovine furono spianate e livellate. La città, secondo le notizie di Diodoro Siculo, venne chiamata Thurii dal nome di una sorgente.


La nuova comunità, però non nacque sotto i migliori auspici: già prima della sua fondazione infatti, gli esuli sibariti avevano accampato particolari pretese, in virtù della loro ascendenza, sulla distribuzione delle terre della nascente colonia: pretendevano i terreni migliori e più vicini alla città. La disputa si risolse con il brusco allontanamento dei vecchi sibariti che infine si recarono a fondare la nuova Sibari sul Traente: tale centro comunque non ebbe grande fortuna e pur non essendo ancora stato individuato il suo sito, non ne rimane traccia nelle fonti storiche se non per il nome.
La città di Thurii non raggiunse mai la grandezza e la ricchezza di Sibari; lo stesso impianto turino già all'atto della sua fondazione era più piccolo dell'estensione urbana di Sibari.


Il grande "impero" sibarita, passato sotto il controllo di Crotone dopo la distruzione della città, si era sfaldato e ridotto notevolmente. Il territorio controllato da Thurii si estendeva a Sud fino fiume Traente, antico limite tra i territori di Crotone e Sibari, mentre a Nord arrivava fino a Metaponto.


Nuove discordie nascono verso la fine del V sec. a.C. tra le colonie greche: Thurii si trova a fronteggiare Taranto (colonia Spartana) nella contesa sui territori un tempo di Siri e fino a poco tempo prima controllati da Metaponto. Una guerra che durò un decennio assorbendo energie, risorse ed uomini. La contesa si risolse a favore di Taranto che sui territori della siritide fonderà Heraclea (433 a.C.). Il governo di Thurii, inizialmente democratico, dopo questo scacco ebbe una trasformazione in senso aristocratico, al punto che Atene in guerra con Siracusa non ottenne l'appoggio sperato da parte della colonia, che non si sentiva più in dovere verso la madrepatria.
Sul finire del V secolo a.C., Thurii si trovò a difendere la sua autonomia dalla minaccia dei tiranni di Siracusa Dionisio I e in seguito di suo figlio Dionisio II; questi, nel tentativo di creare un grande regno, cercheranno di estendere il loro dominio dai territori di Siracusa fino in Calabria, allacciando alleanze con Locri e minacciando Thurii, Crotone e Reggio.

COPIAE ed il periodo romano


In una situazione territoriale e urbana di decadenza, sul sito di Thurii fu dedotta, nel 194 a.C., la colonia latina di Copia.
Il nome scelto (Abbondanza) ed il simbolo della cornucopia che viene impresso sul recto delle monete coniate dalla città dovevano augurare fortuna e prosperità al nuovo centro. 
Nelle fonti letterarie la nuova città continua ad essere chiamata Thurii, nonostante sulle monete compaia il nome Copiae: probabilmente la componente di cittadini italioti fu comunque predominante rispetto a quella dei coloni mandati da Roma (circa 3300 capifamiglia). Lo spopolamento subìto, anche se in parte compensato dall'apporto dei coloni romani, portò comunque al ridimensionamento del nuovo centro urbano rispetto a quello turino; questo, pur sfruttando in parte la maglia regolare dell'originario e grande impianto ippodameo, restrinse a circa un quarto di quello la sua estensione.
La città, ormai completamente romanizzata, vivrà seguendo un progressivo sviluppo, divenendo nell'84 a.C. diviene "municipio" romano.
La prosperità del centro raggiungerà il suo culmine in età augustea, grazie alle grandi riforme attuate da Ottaviano Augusto a partire dal 31 a.C.; il nuovo assetto imperiale sancirà la definitiva pacificazione di tutti i territori della penisola, scomparirà la Magna Grecia e la Calabria verrà inquadrata nella Regio III Lucania e Bruttiorum.
Copia - Thurii diventerà una tranquilla città dell'impero romano che Cicerone ricorda come un luogo appartato, con una campagna ben coltivata e con uno dei pochi porti praticabili della costa ionica.


In epoca imperiale si ha una lenta decadenza della città che prosegue fino alla caduta dell'Impero Romano. Durante la prima metà del VI secolo d.C., un nuovo assetto territoriale sancisce la divisione tra il regno longobardo a Nord e quello bizantino a Sud del Crati. I nuovi modelli insediativi prevedono abitati posti in posizione sopraelevate sulle alture alle spalle della costa; su questa parte dell'antico territorio della sibaritide sorgeranno i centri di Cassano, Corigliano, Rossano.
La città continuò ad essere indicata come Thurii fino in epoca tarda, quando il centro venne gradualmente abbandonato per l'innalzamento della falda acquifera e l'impaludamento conseguente del terreno che rese malsana e malarica la zona, decretandone il definitivo abbandono alla fine del VII secolo d.C.
Le vestigia della città di Copia-Thurii verranno utilizzate nelle epoche successive come cava, asportandone elementi lapidei, marmi da calcina, e quanto altro poteva essere ancora riutilizzato.

Sybaris oggi


Il sito archeologico di Sibari è ubicato sulla costa Ionica della Calabria a breve distanza dalla foce del Fiume Crati. Questa parte del territorio calabro, nota topograficamente come sibaritide vide il sorgere, lo sviluppo e l'espansione e poi il declino della grande polis di Sibari ; qui furono impiantati, in epoche successive alla distruzione della città greca, sovrapponendosi in parte alle sue rovine, prima il centro ellenistico di Thurii e poi quello romano di Copia . Questa eccezionale stratificazione fa di Sibari uno dei siti più estesi ed importanti del Mediterraneo di età arcaica e classica.


Scavi archeologici
Lo scavo sistematico del sito inizia soltanto nel 1967 e per un decennio va avanti senza sosta, dopo una fase di prospezioni elettromagnetiche e carotaggi, che mappano il territorio di Sibari per finalizzare le ricerche nei settori di maggiore concentrazione archeologica. Fin da subito risultò evidente la complessa stratigrafia dovuta alla sovrapposizione di tre città sullo stesso sito, seppur con diversa estensione: la colonia arcaica di Sibari (720-510 a.C.), la colonia panellenica di Thurii (443 a.C.) e il successivo impianto coloniale romano di Copia (dal 193 a.C.).



Dalla grande area di Parco del Cavallo, punto d'inizio di tutta la ricerca archeologica, con diverse campagne di scavo si è arrivati ad esplorare fino ad oggi una superficie di circa sei ettari, fittamente interessata dallo sviluppo urbano del centro arcaico di Sibari e dai successivi centri di Thurii e Copia.

Nell'area detta Prolungamento Strada (al di là della SS106 che separa quest'area da Parco del Cavallo) si è individuata la prosecuzione di una delle plateiai principali di Thurii-Copia, con edifici annessi; nell'area di Casabianca (a circa 500 metri da Parco de Cavallo ad Est della SS106) sono stati messi in luce i resti dell'area portuale di Thurii-Copia e del muro di cinta di Copia; infine nell'area di Stombi (distante un chilometro e mezzo da Parco del Cavallo) sono state portate in luce strutture di un quartiere dell'abitato arcaico di Sibari. Da qualche anno l'attività archeologica è ripresa con vigore grazie a nuovi investimenti, per riportare in luce il grande patrimonio archeologico ancora sepolto.

Parco Archeologico
Il Parco Archeologico di Sibari si raggiunge percorrendo la strada statale 106 ionica, importante asse viario di collegamento tra Taranto e Reggio Calabria. La località di Sibari fa parte del territorio del Comune di Cassano Jonio.


L'area del parco archeologico è divisa in settori, ognuno dei quali è identificato con il nome del cantiere di scavo: Parco del Cavallo, Prolungamento Strada, Casabianca, Stombi. Tutti i settori, tranne quello di Stombi, sono visitabili.


La visita al Parco Archeologico della Sibaritide rappresenta un percorso a ritroso nel tempo che dalla tarda antichità e dall'età romana scende ai livelli della Sibari arcaica di VIII secolo a.C.; bisogna però tener presente che, tranne poche eccezioni, i livelli più profondi e quindi più antichi non sono visibili e che quanto è in luce rappresenta la fase più recente, cioè quella della città romana di Copia.
Percorso turistico
Dall'area di accettazione turistica di Parco del Cavallo, l'area più estesa e più ricca di testimonianze del Parco Archeologico, si arriva alla Porta Nord, accesso principale della città di Copia che si apriva nel lungo muro di cinta; si procede lungo la grande strada basolata (plateia A) e si arriva all'incrocio con l'altra arteria principale (plateia B) dove c'è la massima concentrazione di strutture monumentali di epoca romana.


Prima dell'incrocio si possono visitare i resti di una grande domus del 50 a.C., con elaborati pavimenti a mosaico e in marmo e pareti affrescate con pannelli geometrici policromi: uno dei mosaici delimita nella specchiatura centrale, distrutta in antico, un saggio di scavo che ha permesso di individuare resti di mura di un precedente edificio di Thurii (V-IV sec. a.C. ; nello stesso saggio è stato rinvenuto un pozzo realizzato con cilindri di terracotta impilati, risalente all'epoca arcaica (VII-VI sec. a.C.) testimonianza della più antica colonia di Sibari.



Ad Ovest ed a Nord dell'incrocio, diverse strutture testimoniano la presenza di antiche botteghe (tabernae) che affacciandosi sulla strada offrivano le loro merci ai passanti; ad Est si osserva la poderosa struttura semicircolare del Teatro di I secolo d.C. con le sue scalette di accesso, il frons scenae , parte della cavea con tre ordini di posti ancora in situ . Tra il muro perimetrale semicircolare e la cavea ad un livello inferiore, sono visibili le massicce colonne di un emiciclo precedente l'impianto del teatro; di fronte al teatro due grandi fontane circolari abbellivano l'area del Foro.


A Sud-Ovest di questo si trova il grande impianto termale di età traianea (inizi I sec. d.C.) che conserva ancora i tubuli di terracotta delle concamerazioni parietali, e molte dei pilastrini (suspensurae) che sostenevano il pavimento riscaldato del calidarium e del tepidarium ; è altresì visibile la piscina d'acqua fredda, la natatio. 
Negli ambienti termali sono ben conservati i pavimenti musivi in antico integrati più volte, mentre gli ambienti di accesso esterno sono pavimentati in opus spicatum.

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