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lunedì 25 maggio 2009

Giovanni Pico della Mirandola - Il Discorso sulla dignità dell’uomo




Ne “Il Discorso sulla dignità dell’uomo“, è considerato da molti come un vero e proprio manifesto dell’uomo rinascimentale, Pico Della Mirandola espone il concetto dell’uomo camaleonte: Dio creò ogni essere vivente dotandolo di particolari qualità, ogni animale possiede un istinto particolare che lo rende più abile di altri in particolari situazioni. Quando Dio creò l’uomo non volle attribuirli la supremazia di una sola qualità sulle altre, ma preferì dotarlo di tutte le qualità attribuite nel mondo animale Così l’uomo si trova nell'invidiabile posizione di avere in sé ogni qualità e possedere la libertà di scegliere tra il degenerarsi nelle cose inferiori o il rigenerarsi in quelle superiori.

La particolarità dell’uomo, la sua importanza, è proprio nella possibilità di poter esercitare il libero arbitrio, ovviamente la via che conduce alla rigenerazione passa dal recupero della sapienza antica, intesa come sapienza neoplatonica che riconduce l’uomo all'unico principio divino.

Per Pico, l'uomo non ha affatto una natura determinata in un qualche grado (alto o basso), bensì:
« [...] Stabilì finalmente l'Ottimo Artefice che a colui cui nulla poteva dare di proprio fosse comune tutto ciò che aveva singolarmente assegnato agli altri. Perciò accolse l'uomo come opera di natura indefinita e, postolo nel cuore del mondo, così gli parlò: -non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché [...] tutto secondo il tuo desiderio e il tuo consiglio ottenga e conservi. La natura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai senza essere costretto da nessuna barriera, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. [...] »
(Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate)


Pico della Mirandola afferma, in sostanza, che Dio ha posto nell'uomo non una natura determinata, ma una indeterminatezza che è dunque la sua propria natura, e che si regola in base alla volontà, cioè all'arbitrio dell'uomo, che conduce tale indeterminatezza dove vuole.

Pico aggiunge poi:
« [...] Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine.- [...] Nell'uomo nascente il Padre ripose semi d'ogni specie e germi d'ogni vita. E a seconda di come ciascuno li avrà coltivati, quelli cresceranno e daranno in lui i loro frutti. [...] se sensibili, sarà bruto, se razionali, diventerà anima celesta, se intellettuali, sarà angelo, e si raccoglierà nel centro della sua unità, fatto uno spirito solo con Dio, [...]. »
(Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate)

Giovanni Pico, quindi, sostiene che è l'uomo a «forgiare il proprio destino», secondo la propria volontà, e la sua libertà è massima, poiché non è né animale né angelo, ma può essere l'uno o l'altro secondo la «coltivazione» di alcuni tra i «semi d'ogni sorta» che vi sono in lui. Questa visione verrà, seppur solo in parte, ripresa nel 1600 dallo scienziato e filosofo Blaise Pascal, che afferma che l'uomo non è né «angelo né bestia», e che la sua propria posizione nel mondo è un punto mediano tra questi due estremi; tale punto mediano, però, per Pico non è una mediocrità (in parte angelo e in parte bruto) ma è la volontà (o l'arbitrio) che ci consente di scegliere la nostra posizione. Dunque l'uomo, per Pico, è la più dignitosa fra tutte le creature, anche più degli angeli, poiché può scegliere che creatura essere.

2 commenti:

  1. Complimenti per la descrizione e la spiegazione, mi è stata di grande aiuto
    Grazie :)

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