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martedì 31 maggio 2016

Osho - Se ami un fiore

Se ami un fiore, non raccoglierlo. 
Perché se lo raccogli, esso muore e cessa di essere ciò che amavi. 
Se ami un fiore lascialo vivere. 
L’amore non è possedere; l’amore è saper apprezzare.

Black Dahlia
Credit: http://theresahelmer.deviantart.com/art/A-Rare-and-Beautiful-Black-Dahlia-526334103

giovedì 26 maggio 2016

Maná - En El Muelle De San Blas

En El Muelle De San Blas è il quarto singolo, nonché ottava traccia, estratto dall'album Sueños líquidos dei Maná nel 1997.
Il testo della canzone si ispira alla storia di Rebeca Mendez Jimenez di Puerto Vallarta. 
Da giovane Rebeca si fidanzò con Manuel, un ragazzo di Puerto Vallarta, poco prima del matrimonio questi partì per una battuta di pesca, promettendo all'amata di tornare al più presto. 
Sfortunatamente il peschereccio sul quale il ragazzo si imbarcò non fece mai ritorno. 
Rebeca, disperata, continuò ad aspettarlo al Muelle de San Blas, vestita in abito da sposa. 
La donna morì nel settembre del 2012, dopo aver aspettato il suo grande amore per tutta la vita. Durante un viaggio nella cittadina Puerto Vallarta, il cantante dei Maná conobbe l'anziana Rebeca e, ascoltata la sua storia, decise di scrivere questa canzone.
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Traduzione Italiana

“Lei salutò il suo amore
lui partì con una nave nel porto di San Blás
le giurò che sarebbe tornato e singhiozzava
lei giurò che l’avrebbe aspettato
passarono mille lune
e lei stava sempre al porto, ad aspettare
molte notti si annidarono
si annidarono fra i suoi capelli e le sue labbra
Indossava lo stesso vestito
così che se lui fosse tornato non si sarebbe sbagliato
i granchi le mordevano il suo bel vestito
la sua tristezza e le sue illusioni
e il tempo passava
e i suoi occhi si riempirono di mattine
e si innamorò del mare
e il suo corpo mise radici nel porto
Sola, sola, col ricordo
sola, sola col suo spirito
sola col suo amore, il mare
sola, nel porto di San Blás
I capelli le diventarono bianchi
però nessuna nave le riportò il suo amore
e nel paese la chiamavano
la chiamavano la pazza del porto di San Blás
e una sera d’aprile
cercarono di portarla al manicomio
nessuno riusciva ad avvicinarla
e non la separarono più dal mare
Sola, sola, col ricordo
sola, sola col suo spirito
sola col suo amore, il mare
sola, nel porto di San Blás
Sola, sola rimase”.
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Testo originale spagnolo

“Ella despidió a su amor
el partió en un barco en el muelle de San Blás
el juró que volvería y empapada en llanto
ella juró que esperaría
miles de lunas de lunas pasaron
y siempre ella estaba en el muelle, esperando
muchas tardes se anidaron
se anidaron en su pelo y en sus labios
Llevaba el mismo vestido
y por si el volviera no se fuera a equivocar
los cangrejos le mordían
sus ropajes, su tristeza y su ilusión
y el tiempo se escurrió
y sus ojos se le llenaron de amaneceres
y del mar se enamoró
y su cuerpo se enraizó en el muelle
Sola, sola, en el olvido
sola, sola con su espíritu
sola, sola con su amor el mar
sola, en el muelle de San Blas
Su cabello se blanqueó
pero ningún barco a su amor le devolvía
y en el pueblo le decían
le decían la loca del muelle de San Blás
y una tarde de abril
la intentaron trasladar al manicomio
nadie la pudo arrancar
y del mar nunca jamás la separaron
Sola, sola, en el olvido
sola, sola con su espíritu
sola, sola con su amor el mar
sola, en el muelle de San Blás
Sola, sola se quedó”.


Sì, te ne accorgi se una persona cambia

Te ne accorgi. 
Sì, te ne accorgi se una persona cambia, inutile far finta di niente, se gli abbracci si dimezzano, se i sorrisi spariscono o sono solo delle velature del sorriso, se le mani non si cercano più, se i silenzi aumentano, inutile pensare che vada tutto bene, niente va bene, anzi, va malissimo e devi fartene una ragione.


Credit:
http://agnes-cecile.deviantart.com/art/wash-away-392455727

venerdì 20 maggio 2016

La vera seduzione...

La vera seduzione è entrare dentro a un cuore e riuscire a spogliarlo delle sue paure.

Massimo Bisotti



venerdì 13 maggio 2016

Albero Sacro - Nativi americani


L’Albero Sacro, condivide con la Ruota di Medicina, il primato di simbolo più potente della cultura nativa americana.

Per tutte le genti della terra, il Creatore ha piantato un Albero Sacro sotto il quale potersi riunire per trovare guarigione, potenza, saggezza e sicurezza. Le radici di questo albero penetrano profondamente nel cuore di Madre Terra. I suoi rami sono protesi verso l’alto come mani in preghiera a Padre Cielo. I frutti dell’albero sono le buone cose che il Creatore ha dato alla gente: gli insegnamenti. Mostrano la verso Amore, Compassione, Generosità, Pazienza, Saggezza, Giustizia, Coraggio, Rispetto, Umiltà e molti altri straordinari doni.

L’albero Sacro, dunque, rappresenta la vita, i cicli del tempo, la Terra e l’Universo. I significati dell’Albero Sacro riflettono gli insegnamenti della Ruota di Medicina.
Del resto, l’albero è un simbolo universale e appartiene a differenti tradizioni: in numerose culture riveste il ruolo di collegamento tra la terra e il cielo poiché s’innalza Innalzandosi nel Centro del cerchio per raggiungere la sfera divina. Come scrive lo studioso di religioni Mircea Eliade in Immagini e simboli:

La variante più diffusa del simbolismo del Centro è l’Albero Cosmico che si erge al centro dell’Universo e che sostiene a mo’ di asse i Tre Mondi (quello celeste, quello terrestre e quello infernale). L’india vedica, l’antica Cina, la mitologia germanica al pari delle religioni “primitive” conoscono, sotto forme diverse, questo Albero Cosmico, le cui radici sprofondano fino agli Inferni e i cui rami toccano il Cielo… In generale si può dire che la maggioranza degli alberi sacri e rituali che incontriamo nella storia delle religioni sono soltanto repliche, copie imperfette di questo archetipo esemplare: l’Albero del Mondo. Questo vuol dire che tutti gli alberi sacri sono ritenuti trovarsi al Centro del Mondo o che tutti gli alberi rituali o pali che vengono consacrati prima o durante una cerimonia, sono in certo modo proiettati magicamente al Centro del Mondo.

Nella tradizione ebraico-cristiana, al centro del Paradiso Terrestre sorge l’Albero della Vita, da cui si diramano i quattro fiumi che dirigono verso i quattro punti cardinali, essi stessi perimetri del cerchio che racchiude l’Eden. Come i quattro significati dell’Albero Sacro e la Ruota di Medicina, ecco che ancora si ritrova il simbolismo del Centro, del Cerchio e del Quattro, comune a moltissime tradizioni.
Simbolo dell’unione tra cielo e terra, l’Albero diventa anche il simbolo della croce quando il suo tronco e i suoi rami vengono letti come rappresentazione dell’asse verticale e dell’asse orizzontale della croce, il Simbolo per eccellenza, l’unione di spazio-tempo e eternità. Scrive René Guénon nel Simbolismo della Croce:

Tale albero s’innalza nel centro del mondo, o meglio nel centro di un mondo, vale a dire nel centro dell’ambito nel quale si sviluppa uno stato di esistenza come lo stato umano.

L’Albero Sacro è il simbolo della vita che ciclicamente si rinnova, dell’evoluzione cosmica che perpetuamente diviene, muta, si manifesta nella sua irriducibile complessità. Ma è anche il simbolo dell’ascensione dalla Terra al Cielo, dalla condizione di caducità a quella di definitività.

I quattro significati
Come si è accennato, per i nativi americani l’albero sacro ha quattro significati principali: protezione, nutrimento, crescita, interezza.
1) Protezione: l’albero sacro protegge dal sole, offre il legno per costruire le case e riscaldare l’uomo durante la notte e l’inverno. L’albero sacro è soprattutto un luogo che protegge e ripara, il luogo della contemplazione.
2) Nutrimento: l’albero sacro ci nutre con i suoi frutti. Il frutto dell’albero che nasce dal centro della terra indica anche l’intima relazione che sussiste tra la dimensione fisica, materiale, e quella spirituale.
3) Crescita: l’albero sacro cresce, con la rigogliosità dei suoi rami, dal Centro del Mondo. Esso simboleggia dunque la crescita potenziale dell’uomo, che si realizza nella consapevolezza della propria relazione con tutte le cose.
4) Interezza: l’albero sacro rappresenta anche la possente unità cosmica che si manifesta in tutte le cose; dalla moltitudine e magnificenza dei suoi rami e delle sue foglie, cioè dalla molteplicità delle cose, l’albero ridiscende lungo il suo tronco fino al nucleo centrale, punto di inizio-fine della sua esistenza, senso assoluto del suo divenire: il mistero del Grande Spirito.

(estratto da Christpher Dubois, Simboli Indiani)

Lavoro - Nativi americani



"Voi cominciate a lavorare sodo fin da piccoli, e lavorate sino a che siete grandi, e poi cominciate di nuovo a lavorare. E lavorate per tutta la vita. Poi, quando avete finito, morite lasciandovi tutto alle spalle. Questa noi la chiamiamo schiavitù. 
Voi siete schiavi dal momento in cui cominciate a parlare sino a quando morite; 
noi invece siamo liberi come l'aria.
Abbiamo bisogno di ben poche cose, e non è difficile procurarsele. 
Il fiume, il bosco, la pianura ci danno tutto quello di cui abbiamo bisogno, e noi non saremo mai schiavi, né manderemo i nostri bambini nelle vostre scuole, dove possono solo imparare a diventare come voi."

Capo Guerriero-Cadette-Apache Mescalero


Al contrario nostro, gli Indiani, manifestarono fin da subito ripudio e disprezzo verso il dogma occidentale del "lavoro tutta la vita", se non lavoro non mangio, se non lavoro non ho diritto alla vita, se non lavoro sono un parassita della società. 

E' giusto che tutti sappiano che gli indiani lavoravano lo stretto necessario per vivere, e probabilmente si parla di poche ore al giorno, il resto del tempo era dedicata alla saggezza, ai canti, ai balli, agli incontri d'amore, alle cavalcate solitarie nella prateria, all'esplorazione della natura, insomma a quello che noi chiamiamo "tempo libero" e di cui possiamo godere solo un giorno la settimana.

I nativi americani odiano il lavoro e non perché siano degli scansafatiche (termine utilizzato dalla massa moderna per etichettare un non-adattato al sadico culto della fatica), ma perché amanti della libertà, un genere di libertà che noi europei abbiamo conosciuto illusoriamente solo negli anni 60 con gli Hippie, dove si poteva girare il mondo ancora senza tanti passaporti, carte d'identità e ogni sorta di diavoleria spacciata dai mercanti del potere per "sicurezza".

Ecco, gli indiani erano ancora più liberi, potevano andare dovunque senza chiedere il permesso, potevano vivere senza chiedere il permesso, le tasse allora non esistevano, tanto meno lo Stato, le banche, la polizia, le frontiere, gli eserciti, la Chiesa ecc ecc.

Ne consegue che in un mondo davvero libero come era il loro, prima del nostro arrivo "civilizzante", la sola idea di passare 8-9 ore al giorno a lavorare, svolgendo mansioni monotone e noiose, fosse l'ultima cosa che gli passasse per la testa di fare.

Dovremmo avere tutti delle ore da poter dedicare a noi stessi, alle nostre passioni, alla famiglia e al relax, basterebbe poco a migliorare la qualità della vita di ognuno, in fondo la riduzione dell’orario di lavoro permetterebbe l’assunzione di un’altra persona con un minimo sforzo da parte sia del lavoratore che del datore di lavoro, e questo garantirebbe non solo una migliore politica del lavoro ma anche un grande guadagno in fatto di salute e piacere di vivere.
Tutti hanno il diritto e il dovere di lavorare, sopratutto per vivere dignitosamente, ma non al prezzo che stiamo pagando oggi, attualmente non è neppure pensabile vivere come gli Indiani d’America, lavorando solo un paio d’ore al giorno, ma una via di mezzo che lasci il tempo di rallentare, di assaporare la vita quando si ha l’età per farlo sarebbe un’ottima soluzione.
E’ inutile lavorare così tanto per andare incontro alla fine terrena della nostra vita e perdere gran parte del fiore della vita. 
Non è giusto aver vissuto in una forzata schiavitù concettuale e fisica!


mercoledì 4 maggio 2016

Giacomo Puccini - Nessun Dorma (Turandot)

Nessun dorma è una celebre romanza per tenore della Turandot di Giacomo Puccini.
È intonata dal personaggio di Calaf all'inizio del terzo atto. Immerso nella notte di Pechino, in totale solitudine, il "Principe ignoto" attende il sorgere del giorno, quando potrà finalmente conquistare l'amore di Turandot, la principessa di ghiaccio.

Il primo tenore a cantarla è stato Miguel Fleta nel 1926. Altri grandi tenori a cantarla sono stati Giacomo Lauri-Volpi, Franco Corelli, Richard Tucker, Flaviano Labò, Plácido Domingo, Daniele Barioni, Lando Bartolini, Luciano Pavarotti, Marcello Giordani, Salvatore Licitra, Marco Berti e Roberto Alagna.

Testo poetico

Il principe ignoto
Nessun dorma!... Tu pure, o Principessa,
Nella tua fredda stanza
Guardi le stelle
Che tremano d'amore e di speranza.
Ma il mio mistero è chiuso in me,
Il nome mio nessun saprà!
Solo quando la luce splenderà,
Sulla tua bocca lo dirò fremente!...
Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
Che ti fa mia!...

Voci di donne (le stelle)
Il nome suo nessun saprà...
E noi dovremo, ahimè, morir!...

Il principe ignoto
Dilegua, o notte!... Tramontate, stelle!...
All'alba vincerò!...


Padre Giacomo Perico - A te che piangi i tuoi morti, ascolta

Se mi ami non piangere!
Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo
dove ora vivo; se tu potessi vedere e sentire
quello che io vedo e sento
in questi orizzonti senza fine
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.
Qui si é ormai assorbiti
dall'incanto di Dio e dai riflessi
della sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo,
quanto piccole e fuggevoli,al confronto!
Mi é rimasto
un profondo affetto per te;
una tenerezza che non ho mai conosciuto.
Ora l'amore che mi stringe
profondamente a te,
é gioia pura e senza tramonto.
Mentre io vivo
nella serena ed esaltante attesa,
tu pensami così!
Nelle tue battaglie,
nei tuoi momenti
di sconforto e di stanchezza,
pensa a questa meravigliosa casa,
dove non esiste la morte,
dove ci disseteremo insieme
nel trasporto più intenso,
alla fonte inesauribile
dell'amore e della felicità.
Non piangere più
se veramente mi ami!

Fiori di Rosmarino

Henry Scott Holland - La morte non è nulla

La morte non è nulla (IT)

La morte non è nulla. Non conta.
Io me ne sono solo andato nella stanza accanto.
Non è successo nulla.
Tutto resta esattamente come era.
Io sono io e tu sei tu e la vita passata che abbiamo vissuto così bene insieme è immutata, intatta.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il vecchio nome familiare.
Parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce,
Non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, 
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Sorridi, pensa a me e prega per me.
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima.
Pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
È la stessa di prima,
C’è una continuità che non si spezza.
Cos’è questa morte se non un incidente insignificante?
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, 
solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo.
Va tutto bene; nulla è perduto.
Un breve istante e tutto sarà come prima.
E come rideremo dei problemi della separazione quando ci incontreremo di nuovo!


Death is nothing at all (EN)

Death is nothing at all. It does not count.
I have only slipped away into the next room.
Nothing has happened.
Everything remains exactly as it was.
I am I, and you are you, and the old life that we lived so fondly together is untouched, unchanged.
Whatever we were to each other, that we are still.
Call me by the old familiar name.
Speak of me in the easy way which you always used.
Put no difference into your tone.
Wear no forced air of solemnity or sorrow.
Laugh as we always laughed at the little jokes that we enjoyed together.
Play, smile, think of me, pray for me.
Let my name be ever the household word that it always was.
Let it be spoken without an effort, without the ghost of a shadow upon it.
Life means all that it ever meant.
It is the same as it ever was.
There is absolute and unbroken continuity.
What is this death but a negligible accident?
Why should I be out of mind because I am out of sight?
I am but waiting for you, for an interval, somewhere very near, just round the corner. 
All is well.
Nothing is hurt; nothing is lost.
One brief moment and all will be as it was before.
How we shall laugh at the trouble of parting when we meet again!

lunedì 2 maggio 2016

Hermann Hesse - Son dovuto passare attraverso...

Son dovuto passare attraverso tanta sciocchezza, tanta bruttura, tanto errore, tanto disgusto e delusione e dolore, solo per ridiventare bambino e poter ricominciare da capo.




☥ Cerco un attimo che valga una vita ∞